La Lotta Giapponese

-BuJutsu - JuJutsu - JuDo-

 

Narra la legenda che un medico Giapponese di nome Shirobei Akiyama durante un viaggio in Cina, venne a trovarsi bloccato da una tremenda tempesta in un piccolo villaggio di montagna e fu costretto a passarvi la notte. Il mattino seguente, una spessa coltre di neve aveva coperto tutto il paesaggio ed signor Akiyama fu colpito dalla devastazione che la tempesta aveva portato tra gli alberi del vicino bosco. La sua attenzione fu rapita da un piccolo ed esile salice incredibilmente ancora in piedi. Notò che i suoi rami quando venivano oberati dal peso della neve, si flettevano e dopo averla lasciata cadere, recuperavano la loro posizione originale. La flessibilità della piccola pianta aveva sopportato quello che la robustezza dei grandi alberi non era riuscita a fare. Immediatamente si illuminò e giunse alla conclusione che fosse inutile, anzi dannoso opporre resistenza alla forza: occorreva cedere all’irruenza del nemico per usarla contro di lui. Ideò così un metodo di lotta che avesse il principio della cedevolezza -ju- come principio fondante. Il “jujitsu” ovvero l’Arte della Flessibilità, della Cedevolezza, era diventato l’elemento di base della disciplina di combattimento della classe dei Samurai il BuJutsu (Arte della Guerra; letteralmente: sedare la rivolta; fermare la lancia). In Giappone le Tradizioni Codificate più antiche risalgono con certezza al 1400. A cavallo tra la fine dell'800 e l'inizio del '900  durante il periodo di modernizzazione del Giappone i samurai caddero in disgrazia (i loro privilegi aboliti per legge) e con loro cadde in rovina tutto il mondo che avevano intorno. Lo si  riteneva antico e obsoleto, non adeguato al nuovo corso che il paese stava prendendo. Non tutti la pensavano in questa maniera e soprattutto le persone di grande cultura si rendevano conto che rinnegare le proprie radici non sarebbe stata una mossa vantaggiosa. Occorreva trovare una mediazione che rivalutasse la parte buona della tradizione e la traducesse per il nuovo mondo che stava nascendo. Durante i suoi studi di estetica e filosofia SenSei Jigoro Kano venne messo a parte dei segreti del jujitsu (in maniera clandestina vista anche la contrarietà del padre a questo tipo di pratiche) e giunse alla conclusione che non era giusto lasciar cadere nell’oblio questa conoscenza. Egli ebbe l'idea di distillare dalle antiche discipline militari e dall’articolato sapere dei BuShi un efficace Sistema di Educazione Fisica e Morale. Escluse dal progetto tutti gli elementi letali o troppo pericolosi ed ideò una forma di combattimento che privilegiasse l'abilità tecnica, il coraggio e la lealtà: usò per chiamare il risultato di questa sintesi la parola JuDo (via della flessibilità; cammino di conoscenza). Il M° Kano non si limitò a sviluppare l'aspetto fisico della disciplina ma pariteticamente, quello morale ed educativo. Fissò i due principi guida che illuminano la via percorsa dal praticante: "La Mutua Prosperità" ed "Il Corretto Uso dell'Energia". Per cui ogni volta che un judoka sale sulla materassina per allenarsi, sa che dovrà uscirne migliore di quando vi è entrato. Sa inoltre, che dovrà impegnarsi a ricercare la perfezione del gesto, l'abilità tecnica e l'efficacia nell'applicazione. Ma sa anche, che in tutto questo non sarà solo: il suo maestro, i compagni anziani, quelli a cui egli stesso farà da guida, tutti uniti per crescere insieme! Sebbene il Judo venga classificato come uno sport individuale, la squadra, il DoJo, la comunità,  rappresentano l'aspetto di maggiore importanza ed il fattore vincente della formazione dei giovani. Per tutte queste ragioni la Direzione Tecnica del GSAM asd ha scelto di  insegnare Judo a bambini e ragazzi. Essi si formano fisicamente e psicologicamente sviluppando corrette capacità e corrette attitudini. La nostra impostazione non è votata all'agonismo spinto. Il nostro approccio con le competizioni è soprattutto formativo ed anche se, non di rado, nostri atleti hanno raggiunto importanti traguardi a livello nazionale, quello delle gare rimane un aspetto squisitamente didattico: l'esperienza del confronto con i propri pari; la gestione delle speranze e delle aspettative; la conoscenza della vittoria e della sconfitta sono esperienze che influenzano sempre positivamente il carattere.